La dignità non è il primo
attributo della persona umana solo nell’antichità classica e nel medioevo.
Anche nel rinascimento, infatti, è stato punto fermo nei discorsi sullo statuto
della persona e non è mancato chi ha visto nella riproposizione della dignità
dell’uomo i semi che sviluppati hanno portato alla fioritura letteraria ed
artistica del rinascimento. In questo periodo sono stati elaborati diversi
pensieri sulla dignità dell’uomo che si discostano molto da quelli formulati
nel Medioevo. Cambia totalmente la prospettiva: Dio viene messo da parte, per
porre l’uomo al centro di tutto.
Giannozzo Manetti afferma che la dignità deve essere continuamente ricercata
con la virtù, l’azione e l’impegno costante
nella vita sociale e politica. Solo in questo modo l’uomo può essere simile a
Dio.
Marsilio Ficino afferma che l’uomo è “il
signore degli esseri viventi e delle cose inanimate”; quest’ultimo infatti,
domina, controlla, addestra e modella tutto ciò che lo circonda, impersonando
quasi la divinità stessa, ed è proprio grazie al suo intelletto e alla sua
anima se può trasformarsi in Dio.
Pico Della Mirandola che accentua il suo discorso sulla libertà
dell’uomo, sul libero arbitrio, e
sul fatto che sia proprio l’essere umano la creatura perfetta, in grado di comprendere e ammirare la vastità e
la bellezza delle opere divine.
Da tali pensieri quasi sembra che
l’uomo possa raggiungere, o addirittura, impersonificare Dio. Per questi autori
affermare ciò significa liberarsi dalle
catene, non essere più schiavi di quel mondo fatto di dolore e punizione.
Si vuole mettere fine ad una condizione umana che priva l’uomo stesso di ogni
atomo di dignità e libertà. Potersi porre per la prima volta al centro, essere il punto focale di
ogni questione e sentirsi slegati da ogni giudizio divino, ha permesso all’uomo
di progredire.
Vedi Icologia di Cesare Ripa
Continua con Illuminismo
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