lunedì 20 maggio 2019

Dignità: Medioevo e cristianità


Un cambiamento decisivo nell’uso del termine dignitas, rispetto al lessico romano, si ealizza con l’avvento e l’affermazione della cultura cristiana, nella quale si distinguono come esponenti:

SEVERINO BOEZIO

Nel Consolatione Philosophiae il termine dignitas assume una concezione maggiormente neutra, tanto da necessitare di essere qualificata con particolari aggettivi, per comprendere in quale accezione sia da intendere. 

La dignitas perde la monolitica valenza positiva, ormai associata alla vera dignitas. Boezio passa al vaglio la possibile scissione tra forma esteriore e contenuto ed è su questo piano che si riscontrano le maggiori differenze con la concezione romana: nel pensiero cristiano la forma si stacca dal contenuto e assume una posizione inferiore, dunque la dignitas nel significato di incarico passa del tutto in secondo piano rispetto alla vera digitas, che non è più l’incarico stesso, ma la virtù interiore. Viene quindi a configurarsi una dignità assolutamente interiore, di carattere morale, che fa riferimento ad una dimensione universale dell’uomo. 

SAN TOMMASO

Secondo il pensiero tomista, invece, non essendoci nulla di più alto dell’uomo, ad eccezione di Dio, esso assume un valore e una dignità di per sé, che scaturisce dalla sua creazione ad immagine di Dio

L’uomo risulta in possesso di una peculiare dignità, che gli consente di non venire totalmente assorbito dalla società, in quanto essere libero, che esiste in sé e per sé, possessore di una magnae dignitatis, ovvero in grado di esistere come soggetto di natura ragionevole.

Continua con Rinascimento

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